Scultura italiana del secondo dopoguerra

Scultura italiana del secondo dopoguerra

Barabba
Barabba

La scultura italiana dal secondo dopoguerra a oggi è ricca di nomi prestigiosi, che hanno saputo conservare al nostro paese quel primato nel campo della plastica che ha antiche origini e tradizioni, perpetuatesi dall'antichità romana e dal secolo di Arnolfo e dei Pisano, fin nel campo del moderno, con sommi artisti del calibro di Donatello, di Jacopo della Quercia, di Michelangelo Buonarroti o di Lorenzo Bernini e Antonio Canova.
Questa tradizione non si è interrotta, grazie alla innovativa presenza di Medardo Rosso, neanche nel secolo più debole dell'arte italiana, il XIX, ed è ripresa con rigogliosa fioritura nella prima metà del XX, che ha visto grandi nomi come quelli di Umberto Boccioni con i suoi Dinamismi plastici e le sperimentazioni polimateriche, di Arturo Martini o di Marino Marini.
Nella seconda metà del secolo la ricerca d'avanguardia nel campo della scultura si è rivolta all'astrazione, dove artisti come Umberto Mastroianni (erede del dinamismo boccioniano) già negli anni Quaranta e subito dopo Pietro Consagra nonché Lorenzo Viani, hanno toccato risultati di grande rilievo e novità. A loro si sono presto affiancati nuovi nomi di artisti non figurativi come Francesco Somaini e soprattutto i due fratelli Giò e Arnaldo Pomodoro dai quali l'astrattismo internazionale, dominante a partire dagli anni Cinquanta, ha ricevuto un ulteriore contributo. Di una generazione successiva è un artista di eccezionale forza plastica come Giuliano Vangi, che dopo un esordio in chiave astratta ha recuperato una poderosa figurazione. Un capitolo a parte è quello del movimento dell'Arte Povera, nato negli anni Sessanta, con la ricerca di nuovi materiali ai confini tra scultura, pittura e installazioni, e che comunque ha lasciato il segno nella scultura, ad esempio con un artista come Eliseo Mattiacci.

Compilatore

Augusta Monferini

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