Sul fondo omogeneamente occupato da un giallo tendente all’ocra si dispongono, rapidi e guizzanti, dispersi sull’intera superficie della grande tela, i segni: anch’essi d’un solo colore, come incerto fra celeste e azzurro. Ha rilievo, per Satta, questa ricercata oscillazione cromatica, ottenuta attraverso infinite velature che nascondono e trasformano il timbro originale del colore: oscillazione che dona al dipinto una mobilità singolare, fin sul limite dell’ambiguità percettiva.
Satta ha preso presto, già a metà degli anni Settanta, una distanza dalla tautologia implicita nel pensiero che sorreggeva la così detta pittura analitica: nel modo, soprattutto, d’intendere la luce (dunque uno degli elementi fondamentali della grammatica pittorica) non come semplice ingrediente, come elemento di sintassi, come modo fra altri modi possibili della prassi artistica, ma invece come demone assoluto e totalizzante, come interezza di senso. Nei decenni a venire, egli è andato recuperando all’interno del suo lavoro uno spazio all’autonomia significante del segno che sfugge adesso dalla perfetta geometria in cui era iscritto e, quasi immerso nel manto lieve del colore, designa una spazialità che quel gesto breve e leggero percorre e misura: una spazialità vibrata, come anche dimostra questo dipinto, fin sulla soglia di una castissima emozione.
Vincenzo Satta, Senza titolo
Senza titolo
Dipinto
XX Sec.
Astratto
Artista
Cronologia
1991
Materia e tecnica
Olio su tela
Misure
cm 150 x 200
Compilatore
Fabrizio D'Amico