Noto come autore di monumenti di grandi dimensioni, di soggetto sia civile che religioso fu molto apprezzato dall'aristocrazia torinese. Si tratta quindi di un acquisto imputabile a quel 'gusto vecchiotto' come Gualino stesso definì il suo, prima dell'incontro con Lionello Venturi: l'opera è il saliente gruppo marmoreo de L'Abisso.
Pietro Canonica resta comunque uno scultore di grande talento, conobbe un grande successo che gli procurò il titolo di Senatore del Regno. Formatosi sull'esempio della scultura pietistica seicentesca ed ispirandosi agli esempi di Guido Reni e dei pittori religiosi di quel secolo, cominciò ad acquistare fama con soggetti sacri monumentali. Canonica trascura intenzionalmente le esperienze contemporanee e restò estraneo al 'rinnovamento verista', impersonando la figura di scultore anti-moderno per eccellenza. Fu contrastato, infatti, da una serie di reazioni ostili non soltanto da parte dei 'modernisti', ma anche dalla generazione degli artisti più 'moderati' come Libero Andreotti e Attilio Selva.
Quest'opera, eseguita nel primo decennio del secolo, presenta un modellato elegante e un po' barocco nell'insistente drappeggio che avviluppa i corpi dei due amanti avvinghiati nell'abbraccio. Potrebbero essere Paolo e Francesca, la coppia di amanti per antonomasia, condannati al fuoco eterno. La disperazione è tuttavia assente nei due volti trasfigurati dalla passione. Il loro amplesso è privo di tormento: il volto di lei chino sul “abisso” si appoggia con fiducia al suo amante che la avvolge in un delicato abbraccio.