Sagome geometriche scendono, una sull’altra, nel campo della tela; al loro interno, esse sono tramate da fitte linee che s’incrociano perpendicolarmente; e negli spazi minuti che questi incroci evidenziano, altri piccoli segni, rigorosamente simili, li punteggiano. L’intera superficie è saturata da questo elementare disegno, che s’apparenta a quello d’un tessuto: solo la luce che trascorre sulle forme e le colpisce di bagliori dà ai singoli parallelepipedi una consistenza plastica, un peso di corpo: così che infine l’immagine è quella d’un organismo frantumato che frana su sé stesso.
È uno degli Spazi totali che Nigro immaginò a partire dal 1953, e che teorizzò l’anno seguente come unico “oggetto” per lui possibile di pittura: una pittura che, fattasi radicalmente indipendente dalla realtà circostante, mette in figura unicamente sé stessa, e i propri elementi (colore, luce, disegno). Pur avendo partecipato ad alcune mostre che riunivano la così detta “pittura analitica” (‘Geplante Malerei’, ad esempio, a Münster, nel 1974), quella di Nigro è però una pittura fondata piuttosto sull’ambiguità del vedere che non sulla tautologica enumerazione dei propri atti; più sul rischio dell’errore che può indurre la sua percezione, che non sulla sicura certezza del proprio enunciato.
Mario Nigro, Spazio totale n. 5
Spazio totale n. 5
Dipinto
XX Sec.
Astratto
Artista
Cronologia
1955
Materia e tecnica
Tempera su tela
Misure
cm 100 x 62
Compilatore
Fabrizio D'Amico