Indistinguibili macchinari saturano lo spazio della composizione, governata dai cupi rimbombi di tralicci e sbarramenti che costituiscono il ritmo di superficie dell’immagine, tramata da un geometrismo pur imperfettamente delineato: è quanto la memoria, strumento di retrocessione nella coscienza dell’ingombro del reale in questi anni frequentato anche da molti compagni di strada di Santomaso, restituisce del pretesto figurativo da cui muove l’occasione del dipinto – un’officina, appunto, nella sosta notturna del lavoro.
Si è sciolto, dopo l’anatema di Togliatti, il “Fronte Nuovo delle Arti”, cui il pittore, con gli amici veneziani Vedova, Pizzinato e Viani, ha partecipato; e si lavora alla costituzione del nuovo “Gruppo degli Otto”, cui parimenti Santomaso aderirà. Molto prossima a quella di Birolli o di Corpora, la sua pittura di adesso è tramata di suggestioni provenienti da Parigi – quelle neo-cubiste, ancora, sulle quale non tarderà ad innestarsi (e già qui ne abbiamo un primo avviso) la lezione di Hans Hartung e del suo vagante segnare la superficie; quantunque in Hartung la genesi di quel segno sia più decisamente astratta di quanto non sia – adesso – quella di Santomaso, resistentemente legata ad un’emozione provata di fronte alla natura.
Giuseppe Santomaso, Officina di notte
Officina di notte
Dipinto
XX Sec.
Astratto
Artista
Cronologia
1951
Materia e tecnica
Olio su tela
Misure
cm 130 x 75
Compilatore
Fabrizio D'Amico