Lunghi e stretti segmenti di carte precedentemente bagnate di colori l’uno con l’altro accordati (il registro tonale, qui, è quello delle ocra tendenti all’azzurro e al grigio) si susseguono paratatticamente sulla piccola superficie: quantità geometriche, soltanto, che sembrano aliene da ogni volontà di attestare slanci, passioni, grida dell’animo: come a lungo era stato in Scialoja.
Ha attraversato, negli anni Settanta, un lungo momento di dubbio sulla liceità dell’abbandono, della confessione di sé sulla tela tramite il gesto, che egli aveva tanto amato nella prima sua maturità. Le ‘quantità’ castamente geometriche della reticente pittura di questi anni, spesso sottolineate dal ricorso alla tecnica del collage, sono in fondo eredi delle impronte: istanti in cui si isola l’evento, consegnato al tempo e alla memoria, in una sequenza distesa sulla superficie. Ma è come se sopra di esse scendesse, paralizzante, il dubbio, il sospetto della gratuità. Poi, nel ’79, Scialoja annota in una pagina del Giornale di pittura la sua voglia di “tornare al gesto, al gesto unico, al grande gesto automatico che annulli la negazione”. Allora i ritagli geometrici che costituiscono i collages si macchiano di intenzioni nuovamente libere, nuovamente abbandonate. È un recupero della felice cecità di anni trascorsi, che inizia proprio da questo 1979, e che s’esplicherà pienamente all’inizio degli anni Ottanta, e durando intatto sino alla morte, venuta nel 1998.
Antonio (Toti) Scialoja, Senza titolo
Senza titolo
Dipinto
XX Sec.
Astratto
Artista
Cronologia
1979
Materia e tecnica
Collage su tavola
Misure
cm 86 x 59
Compilatore
Fabrizio D'Amico