Su due registri, che occupano la parte superiore e inferiore della composizione, si susseguono le impronte, che Scialoja ha impresso sulla tela con il tramite di una carta oliata, imbevuta di colore, e successivamente ‘battuta’ sul manto della pittura già a sua volta intriso di colore. Ne esce un’immagine silenziosa e altera, ma insieme trepida e quasi dolente, governata dai toni scuri del fondo e da quelli annottati delle impronte: nere, se non in radi punti dove si posano, come gocce di sangue, brevi folgorazioni di rosso.
L’iterazione del gesto – un modo, quello del gesto che squassa la superficie, che Scialoja ha visto attuato, e subito ha condiviso e amato, nei pittori d’azione di New York già nel corso del suo primo soggiorno oltreoceano del ’56 – s’è fatta intera e fondante il senso dell’immagine: che è ormai quello di raffigurare sulla tela lo scorrere del tempo, nella successione ritmata degli eventi che esso realizza nell’esistenza. È, questa intenzione, mutuata da una crescita del pensiero di Scialoja, che – emozionato certo anche dalle letture della filosofia di Enzo Paci – dall’iniziale idealismo muove verso un’interpretazione esistenzialistica e fenomenologica della realtà.
Antonio (Toti) Scialoja, Due di febbraio
Due di febbraio
Dipinto
XX Sec.
Astratto
Artista
Cronologia
1960
Materia e tecnica
Sabbie e vinilico su tela
Misure
cm 150 x 201
Compilatore
Fabrizio D'Amico