Piero Sadun

Piero Sadun (Siena 1919 - Siena 1974)

Soggetto astratto
Soggetto astratto

Piero Sadun nasce a Siena nel 1919. Trascorre fra la città natale e Firenze la prima giovinezza, saggiandosi presto nella pittura. Si diploma da privatista, espulso dal liceo per le leggi razziali. Nel ’43 è partigiano sui monti d’Arezzo. Si trasferisce dopo la guerra a Roma, dove fa l’esordio nel ’45 in una collettiva con Scialoja e Stradone. Al gruppo, due anni dopo, s’unisce Ciarrocchi; ed è assieme ai compagni, introdotto da Cesare Brandi, che Sadun espone alla galleria del Secolo in una mostra che sancisce la sua lontananza dai linguaggi – post-cubisti – allora in voga, così come dal gruppo di giovani che si riuniranno quell’anno stesso in “Forma”. La sua pittura – inattuale o, come scriverà Brandi con un battesimo rimasto celebre, “fuori strada” – è ora pregna di memorie che risalgono a Van Gogh, a Scipione e a Soutine, densa di materia stesa in vampate serpentinanti sulla tela; in questa chiave espressiva vengono i primi lavori interamente maturi, come la serie mirabile dei ‘Ritratti di Don Luigi’, del ’46-’47.
Nel ’50 espone per la prima volta alla Biennale di Venezia (ove tornerà nel ’60 con una sala personale). Nel decennio che segnerà l’affermarsi della matericità informale, Sadun – che avrebbe tutte le carte in regola per vantare su questo linguaggio un diritto di primogenitura – smagrisce invece la sua tavolozza, e sembra porsi in ascolto della lezione morandiana, con esiti non dissimili da quelli che, a Bologna, perseguiva Romiti. Nel 1960 s’apre quella che sarà la sua ultima stagione, segnata da una definitiva opzione astratta. In essa, Sadun recupera dapprima la densa materia squassata dal gesto dei suoi esordi, non lontana ora da certa nozione d’espressionismo astratto; poi sopisce quella sua urgenza espressiva in silenti  e raffinatissime stesure cromatiche, tendenti al monocromo e, quasi, all’autoanalisi del proprio apparire.
Sadun muore a Siena nel 1974.

Compilatore

Fabrizio D'Amico

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