Una lunga strada, sbiancata da un sole meridiano, s’incunea verso il fondo lontano della composizione. La fiancheggia a sinistra uno spalto di verzura, argenteo per quanto è anch’esso trafitto di luce; su di esso poggiano, quasi senza peso, le semplici cubature di due case, senz’ombre.
Morandi è, adesso, all’ultimo atto del suo maggiore tempo dedicato all’incisione ‘accanto’ alla pittura; tempo che corre dal ’27 al ’33-’34. A quest’ultimo, intenso biennio d’operosità dedicata all’incisione risalgono capolavori assoluti come la Natura morta a tratti sottilissimi o la Grande natura morta scura, gremita e annottata, “tragica”, o “malinconica” – come è stato detto di questo foglio capitale. In questa lastra Morandi inclina a un sentire diverso: sembra recuperare, per un ultima volta, il senso quieto e struttivo dello spazio di certo Ottocento francese che aveva molto amato: di Corot, in particolare. Profondando lo scorcio di paesaggio di Grizzana – la collina non lontana da Bologna dove egli era uso trascorrere le estati – in un diapason luminoso che sembra annegare, in questa “eco remota di un’estate infinitamente polverosa” (nelle parole di Francesco Arcangeli) ogni turbamento dell’animo.
Giorgio Morandi, La strada bianca
La strada bianca
XX Sec.
Paesaggio
Artista
Cronologia
1933
Materia e tecnica
Acquaforte
Misure
cm 20,8 x 30,3
Compilatore
Fabrizio D'Amico