Piccoli, indeterminati “oggetti elettrici” stanno raccolti su un tavolo che s’impenna altissimo al centro della composizione; accanto, solo una cartella azzurra, e un bicchiere: niente più. Al solito, le nature morte di Pirandello sono costruite con poco, quasi che i poveri suoi pretesti visivi siano stati raccolti sul piano di posa da un casuale colpo di ramazza; governate da un accordo tonale di pochi colori di terra nel cui concerto risuona, spesso, una nota d’azzurro.
Il dipinto fa parte d’una piccola serie di d’après di sue nature morte, eseguite a Parigi fra ’28 e ’29, cui il pittore pose mano in una data difficilmente precisabile, nei primi anni Cinquanta. Di quelle nature morte, Pirandello aveva allora perso le tracce, se non fotografiche, e dunque la disponibilità per le sue mostre attuali, nelle quali pur desiderava mostrare la traccia di quei lontani, folgoranti suoi inizi, tramati accanto al proto-cubismo di Cézanne e alla pittura di Braque: ora soprattutto che la poetica dell’astratto-concreto di Venturi li aveva resi così attuali. Oggetti elettrici, che riprende dunque testualmente un dipinto d’egual titolo del tempo parigino, fu tra l’altro mostrato – con la corretta dicitura di “replica più recente” – all’antologica che gli dedicò il Premio Fiorino di Firenze nel ’66, ma poi fu di frequente pubblicato ed esposto con la data errata del 1928.
Fausto Pirandello, Oggetti elettrici
Oggetti elettrici
Dipinto
XX Sec.
Natura morta
Artista
Cronologia
1954 circa
Materia e tecnica
Olio su cartone
Misure
cm 72 x 49
Compilatore
Fabrizio D'Amico