“Forme di pura invenzione lirica s’intrecciano e si sovrappongono secondo il ritmo dell’emozione, creando uno spazio che è spazio poetico”; così scrisse Palma Bucarelli, allora direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, introducendo la vasta sala personale che la XXIX Biennale di Venezia dedicava, per la prima volta, a Turcato: nella quale il pittore esponeva tra l’altro i suoi recenti “reticoli”, composizioni nelle quali, come in questa, su un colore omogeneo di fondo s’allacciano e danzano, in primissimo piano, serpentine e nodi di segni allungati e filanti, come cercando oltre il confine della tela la loro origine o il loro destino.
Turcato è giunto – adesso, alla metà del decennio – alla sua più colma maturità: ha lasciato le strette solidarietà che l’avevano spinto ad aderire, pur sempre fra scarti e devianze, ai maggiori gruppi italiani del dopoguerra (dal “Fronte” agli “Otto”); e intraprende, solitario, quella sua personalissima via verso un’astrazione lirica, gioiosa, a tratti tentata da una inflessione quasi surreale, e venata d’ironia, che ne farà uno dei maggiori, e certo uno dei meno prevedibili, coloristi europei della metà del secolo.
Giulio Turcato, Reticolo
Reticolo
Dipinto
XX Sec.
Astratto
Artista
Cronologia
1956 circa
Materia e tecnica
Olio su tela
Misure
cm 60 x 90
Compilatore
Fabrizio D'Amico