Una grande forma oscura, composta dall’incastro di tanti poligoni irregolari, si distende nello spazio di superficie, non toccato da ombre e dunque senza una propria profondità, come precipitando, ansiosamente, dall’alto verso il basso. Ha poi detto di questo suo dipinto lo stesso Perilli – con l’identico atteggiamento mentale autoironico che gli è stato nel tempo fedele compagno di strada – come esso sia l’immagine di “un’astrazione che discende ai piani inferiori”: da quelli, algidi e intoccabili, nei quali una lunga tradizione della contemporaneità l’aveva abituata a stare.
Perilli esce, sullo scadere degli anni Sessanta del XX secolo, da una vicenda illustre, che l’ha portato a formulare all’interno dei così detti “fumetti” una coabitazione possibile fra la nuova tensione all’immagine che new dada e pop art portavano a quelle date in Europa da oltreoceano, e la sua indomita vocazione astratta: per primi quei dipinti utilizzarono allora una strana, già distorta geometria piana, entro cui si incasellavano le improbabili avventure di un immaginario divertito e spaesante. Presto, infine, e comunque entro la fine del decennio, la geometria, i suoi paradossi e le sue iperboli costituiranno l’immagine senza più l’ausilio del racconto interrotto dei “fumetti”.
Achille Perilli , La civetteria dell’astrazione
La civetteria dell’astrazione
Dipinto
XX Sec.
Astratto
Artista
Cronologia
1968
Materia e tecnica
Tecnica mista su tela
Misure
cm 81 x 100
Compilatore
Fabrizio D'Amico